20 Dic La qualità del vino – novembre dicembre 2006
Dalla rivista “Il Chianti e le terre del vino” – di G. Soldera
Siamo arrivati al Solleone quando la vite inizia l’invaiatura e l’uva accumula sostanze dalle foglie, attraverso la fotosintesi clorofilliana.
Verso la metà dell’Ottocento, il medico tedesco Von Mayer codificò il ciclo fondamentale che permette lo scorrere ininterrotto della vita. Se il ciclo procede in modo perfetto alimenti, ossigeno, anidride carbonica ed acqua vengono consumati e ricostruiti senza sosta, ed il ciclo può durare in eterno. Ciò che regola il ciclo è la luce solare e possiamo dire che la funzione complessiva del ciclo è quella di trasformare l’energia solare in energia chimica. E’ l’energia chimica che rende possibile tutte le manifestazioni della vita e, fino a che la sua fonte è l’energia solare, la vita compresa quella dell’uomo, dipende interamente dal sole. Sono proprio le piante che, attraverso la fotosintesi, rendono possibile l’utilizzazione dell’energia della luce solare, non solamente per sé ma, per tutti gli esseri viventi.
Per sottolineare questo concetto riporto di seguito un passo tratto da “ Il miracolo delle foglie – La fotosintesi” di I. Asimov :”Se noi consideriamo l’energia solare che giunge alla Terra intera (con una superficie perpendicolare ai raggi solari, di 130 milioni di chilometri quadrati) avremo che v’è energia solare sufficiente a produrre 395 miliardi di tonnellate di glucosio in dieci ore. Questo è certamente, in termini di energia, più di quanto richiesto dall’insieme di tutti i processi vitali del mondo animale nel corso di un intero anno.”
Nella vite questo processo è essenziale per la qualità del prodotto uva; una foglia verde riceve luce dal sole ed in pochi secondi anidride carbonica ed acqua vengono trasformate nei costituenti dei tessuti vegetali determinando la scissione della molecola di anidride carbonica con due effetti generali:l’ossigeno si libera nell’atmosfera, il carbonio si combina con altri atomi e viene trasformato in composti tessutuali.
Ritengo che sia importante, per ottenere la qualità, che si conoscano questi processi naturali e a chi volesse approfondire questi argomenti consiglio il trattato “Terroir, zonazione, viticoltura” di M. Fregoni, D. Schuster, A. Paoletti e gli approfondimenti di Carboneau. Siamo al periodo prevendemmiale con tensione e concentrazione massime: nella fase della maturazione dell’uva grande attenzione bisogna avere nell’eliminare le possibili fonti di inoculo delle malattie dannose, in particolare si debbono eliminare i residui di potatura e di materiale vegetale in decomposizione, impedire (escludendo assolutamente i diserbanti) lo sviluppo di erbe spontanee nel vigneto o nelle immediate vicinanze, anche impedire la formazione di funghi e di muffe che causano le micotossine che si spargono e si sviluppano sulle uve e si riscontrano nel vino causando malattie del vino che portano al sequestro da parte delle autorità dei vini in commercio. Sul tema dei possibili sequestri di vini, mi preme segnalare e sottolineare le ricerche che più Università e Laboratori di analisi hanno portato a termine sulle differenze varietali delle Antocianine su vini anche di sei e sette anni: secondo questi studi si può dimostrare con certezza l’unicità o meno di vitigno in un vino. Finalmente siamo alla vendemmia, cartina tornasole di tutte le operazioni che il contadino ha svolto, nel bene e nel male: sempre nell’ambito dell’andamento climatico che la natura ha dato in quel periodo, anche in questa operazione l’Università ci può aiutare molto con analisi comparative degli anni precedenti, ma ricordiamoci che questi studi non possono essere generalizzati, ma devono riguardare quelle vigne specifiche; le previsioni del tempo specifiche per quel microterritorio e di provata attendibilità nel tempo (negli ultimi anni una stazione meteorologica mi ha dato eccellenti risultati) mi sono state di grandissimo aiuto nel programmare la vendemmia; bisogna arrivare al massimo della maturazione e per questo è di grandissimo aiuto la pratica della masticazione dei vinaccioli, che è sempre stata usata dai contadini; non si deve peraltro superare il punto ottimale di maturazione e non si deve far bagnare l’uva (ancora peggio raccogliere l’uva bagnata!). In due giorni tutta la produzione di Case Basse degli oltre 8 ettari di vigna, solo uva sana e matura, viene raccolta; possiamo così rispettare la giusta maturazione e gli altri parametri, per me indispensabili per ottenere una uva di grandissima qualità. Il frutto viene accuratamente selezionato e, nel giro di un’ora dalla raccolta, viene diraspato all’interno della cantina ed il tutto immesso nei tini da circa 150 hl dove avviene il processo naturale della fermentazione solo con lieviti autoctoni, senza controllo della temperatura, con permanenza del mosto anche oltre 30 giorni e rimontaggi manuali studiati espressamente per limitare al massimo l’intervento dell’uomo. A questo punto entrano in campo i lieviti e farei parlare l’esperto microbiologo Prof. Vincenzini, che così scrive: “Gli agenti della fermentazione alcolica dei mosti d’uva sono i lieviti. I lieviti di importanza enologica, in grado cioè di svolgere un ruolo apprezzabile nel processo di trasformazione per nostra fortuna non sono molti, essendo riferibili a pochissimi generi e poche specie. Malgrado questa evidente semplificazione del “fattore Microflora” è però ormai accertato che, all’interno di ogni specie microbica, esiste una discreta biodiversità rappresentata da ceppi della stessa specie ma con caratteri individuali stabili e riconoscibili. Anche all’interno della specie Saccharomyces cerevisiae, il lievito “vinario” per eccellenza, è stata messa in evidenza una grande variabilità nell’espressione dei diversi caratteri tecnologici e di qualità. Ceppi diversi della stessa specie possono coesistere nello stesso ambiente e prendere parte allo stesso processo, ognuno producendo la quantità di composti secondari che gli compete e modificando altri componenti secondo le proprie capacità metaboliche. Evidentemente il concetto di specie è oggi un abito troppo stretto per la microbiologia applicata che deve confrontarsi con i ceppi, malgrado le enormi difficoltà nel distinguerli e nel riconoscerli rapidamente o in tempi comunque utili per poter esercitare un controllo del processo cui prendono parte.
Continueremo nel prossimo numero la disamina di questi fondamentali temi dei microrganismi.