20 Giu La qualità del vino – maggio giugno 2007
Dalla rivista “Il Chianti e le terre del vino” – di G. Soldera
La trasformazione dell’uva in vino richiede un approfondimento anche a proposito del perché un vino è grande, cioè quali siano gli elementi che ne determinano la qualità e ne fanno percepire la grandezza, quale sia la sua origine, da quali fattori dipende ed in quale modo. Esiste un generale accordo nel ritenere che la qualità di un vino dipende da una nutrita serie di fattori, tra i quali – solo per citare i più importanti – figurano:
- le caratteristiche pedologiche, il microclima, la luce dell’area in cui insiste il vigneto (terroir)
- la varietà dell’uva coltivata
- l’età della vigna, che non deve essere giovane
- l’assenza di inquinanti e veleni nella terra e nell’aria
- l’equilibrio naturale della vigna
- la ricchezza di boschi e di altre colture non intensive nella zona
- le tecniche di cultura adottate
- le rese in uva che siano conformi alle possibilità di ogni pianta e del terreno (se si sfrutta una pianta non c’è qualità nell’uva)
- le caratteristiche chimico-fisiche dell’uva (assoluta sanità e maturazione ottimale di tutto il grappolo), assenza di prodotti chimici sugli acini e negli acini
- la tipologia di microrganismi che intervengono nel processo di trasformazione dell’uva in vino
- la tecnologia di vinificazione, la temperatura, la durata del processo
- i processi di affinamento e conservazione.
Le innumerevoli combinazioni che si possono attuare tra i fattori sopracitati rendono ragione della amplissima varietà del “prodotto vino” ma, al tempo stesso, complicano tremendamente ogni possibilità di mettere a fuoco gli aspetti fondamentali della qualità e della grandezza di un vino. E’ opportuno, a questo punto della riflessione, avere ben in mente che la composizione di un vino è estremamente complessa, difficilmente descrivibile in modo compiuto per il gran numero di composti chimici coinvolti, molti dei quali, non esistendo metodiche analitiche ufficiali a livello internazionale, sono affetti da vari gradi di incertezza. Limitatamente ai composti capaci di stimolare sensazioni visive, gustative ed olfattive, grazie ai progressi compiuti negli ultimi 15 anni nei settori della chimica del vino e delle metodologie analitiche strumentali, è possibile identificare (ma non sempre quantificare) quasi 1.000 (dico mille) costituenti; il colore è legato essenzialmente ai composti fenolici (varie decine), il sapore all’etanolo, agli zuccheri, ai polialcoli ed ai polifenoli, agli acidi ed agli amminoacidi, alle sostanze minerali ed a quelle allo stato colloidale…. (qualche centinaio); l’aroma alle numerosissime sostanze volatili, quali aldeidi, chetoni, esteri…(diverse centinaia).
Questa descrizione estremamente semplificata della composizione percepibile del vino non tiene conto dei fenomeni di interazione organolettica tra costituenti (sinergismo od antagonismo) con effetti percepibili di un componente esaltati od anche mascherati, a seconda dell’interazione instauratasi.
È facilmente intuibile come, in tale situazione, assumano fondamentale importanza gli aspetti quantitativi (concentrazione di ciascun componente) piuttosto che quelli qualitativi (assenza o presenza di un componente). Purtroppo però la realtà odierna è che l’analisi chimica di un vino, per quanto particolareggiata essa sia, non riesce a distinguere e riconoscere un grande vino; essa può, al più, mettere in luce taluni difetti.
I fattori che dobbiamo ben tenere presenti sono:
1) il terroir
2) la microflora che interviene nel processo di trasformazione dell’uva in vino (essenziale il libro scritto dai Proff.Vincenzini-Romano- Farris “Microbiologia del vino”).
A proposito di terroir (i Romani usavano il termine “Situm Vinearum”) consiglio l’attento studio del testo “Viticoltura di qualità” del Prof. Mario Fregoni.
È da rilevare inoltre che normalmente non viene presa in considerazione la microflora associata alle uve e/o all’ambiente di cantina, come se non esistessero microrganismi particolarmente adatti a specifiche condizioni ambientali o di processo, dotati di proprietà metaboliche e caratteri tecnologici potenzialmente in grado di lasciare una “impronta”, in poche parole “tipici”, di un territorio e/o di un ambiente e/o di un processo biotecnologico tradizionale; pensiamo quale e quanta importanza hanno i microrganismi del terreno (non solo i frantumatori) nella sanità e nella capacità della vite di dare un grande prodotto uva. E’ la microflora che interviene nel processo di trasformazione dell’uva in vino, un tema che ho già svolto nei miei articoli V e VI pubblicati in questa Rivista rispettivamente a novembre/dicembre 2006 e a gennaio/febbraio 2007, ma ritornerò in un prossimo articolo su questo tema della fermentazione indotta.
Per quanto concerne il mercato, come rilevato da AC Nielsen nello studio recentemente presentato durante Vinitaly 2007, è opportuno evidenziare la sempre più alta incidenza della grande distribuzione italiana nella vendita del vino e la crescita delle categorie “docg, doc, igt” all’interno del fatturato vino realizzato dalla Grande Distribuzione che hanno raggiunto nel 2006 il 59,9% del totale dei vini venduti. In questo contesto il Brunello di Montalcino, nello stesso periodo, ha incrementato le vendite nel canale Grande Distribuzione del 68,5%. Questo dato deve fare molto riflettere i produttori di Brunello ed il nuovo Consiglio di Amministrazione; io non credo sia il caso che il Consorzio del Brunello spenda oltre 2 milioni di euro all’anno in attività di valorizzazione per ottenere il risultato di vendere il Brunello di Montalcino alla Grande Distribuzione al prezzo che la stessa è disposta a pagare.
Desidero terminare questo articolo segnalando con grande piacere il bellissimo libro di Carlo Macchi nella collana “I semi” edita da Veronelli sul più grande – a mio giudizio – conoscitore del Sangiovese e sul migliore assaggiatore di vino che abbia conosciuto in oltre 50 anni di degustazioni – Giulio Gambelli – persona eccezionale per umanità, serietà, semplicità e profondità. La presentazione del libro a Poggibonsi è stata un grande successo per gli oltre 500 partecipanti (il Politeama era pieno) sia per le attestazione di stima. Grazie ancora a Giulio per quanto ha fatto, fa e farà per il Sangiovese.